Gaza
Un bambino è un bambino in tutto il mondo e una palla è una palla in tutto il mondo. Anche nella striscia di Gaza. Stavo giocando con le mie cugine nel cortile di casa quando è scoppiata la bomba. I miei genitori non volevano che io uscissi . Dicevano che era molto pericoloso. Però si sa, sono testarda. Non mettevamo il naso fuori da giorni ed era una bella giornata. Non vedevo l’ora di giocare. Un cortile vuoto tra le case, qualche ciuffetto d’erba e molti sassi: quanto era bello il nostro stadio. Poi venne l’esplosione.
“La guerra però spazza via tutto, porta via con sé tracce di vita come una tromba marina trascina via la sabbia, perdi di vista il senso dell’esistenza e non lo trovi più” mi disse una volta Luca, il medico italiano che mi ha curato la gamba ferita. “Siamo giunchi al vento, ma abbiamo gambe forti, braccia forti, cuori che si ostinano a battere, palle che continuano a rimbalzare e scarpe ancora buone per correre”.
Per questo mi impegno al massimo per cercare di guarire, di muovere la gamba, di resistere al dolore, di migliorare giorno dopo giorno. In queste situazioni devi avere qualcosa in cui credere, devi sperare che ci sia un domani migliore. È l’unico modo per andare avanti.